mercoledì 10 giugno 2015

Pleasure is oft a visitant; but pain clings cruelly to us.

Stanchezza.
Spengo la sveglia al mattino contando le ore che mi separano dal finire della giornata.
E però, nonostante tutto, nonostante la negatività, il rancore, la cattiveria gratuita e irrazionale, mi scopro persino a sorridere.

Penso. Penso un sacco e poi mi sorprendo se inciampo mentre cammino o dimentico il latte sul fuoco o mi ustiono i polsi cucinando.

Mani che si intrecciano. Polpastrelli che sfiorano ogni centimetro di pelle. Capelli, tantissimi capelli in cui perdersi. L'incavo della sua spalla che sembra essere fatto apposta per accogliere la mia tristezza.
Ecco a cosa penso.
Dimentico il latte sul fuoco mentre cerco di ricordare come si coniugano i verbi in prima persona plurale.
Inciampo pensando a come sia potuto accadere che io - io l'egocentrica, io l'egoista, io l'ipocrita - abbia abbassato ogni difesa, deposto ogni arma e mi sia tuffata a largo, dove l'acqua è di quel blu talmente scuro da non vedere nulla, senza nemmeno uno straccio di salvagente, senza nessun altro a tenermi la mano di nascosto.
Mi arrivano schizzi di olio bollente sui polsi e penso che tutta quest'incoscienza farà molto più male di questa carne un po' soffritta.




Ma va bene così, ormai sono preparata a medicare qualunque ferita.

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